Due anni fa James Flynn, che è probabilmente il più autorevole psicologo dell'intelligenza vivente, pubblicava un libro intitolato Where have all liberals gone? Race, Class and Ideals in America (Cambridge University Press, 2008). Chiedendosi dove fossero finiti tutti i progressisti, Flynn, cresciuto tra Washington DC e Chicago ma neozelandese dal 1963, denunciava il fallimento degli ideali di eguaglianza e di sviluppo sociale portati avanti dalla sinistra, di cui si considera ed è attivo esponente, a causa dell'incomprensione di questioni vitali per la convivenza sociale come il razzismo, le origini dell'ineguaglianza e le basi naturali dell'intelligenza umana. Ora ha ripubblicato, con l'aggiunta di due capitoli, il suo testo più famoso, apparso nel 2007: Che cosa è l'intelligenza? Al di là dell'effetto Flynn. Nonostante in Italia si traduca di tutto, il libro di Flynn è stato ignorato, forse per la quasi assenza di una psicologia quantitativa in Italia, o forse perché tratta questioni da queste parti giudicate politicamente scorrette.
Flynn è noto soprattutto per il fenomeno da lui scoperto. Vale a dire che nel corso del Novecento il quoziente di intelligenza (QI) nei paesi sviluppati è aumentato di un terzo di punto all'anno in media, cioè di tre punti ogni decennio. L'"effetto Flynn" è stato rilevato in trenta paesi. I test dove si è registrato un maggior incremento del QI sono il "Raven Matrices Test" e il "Similarities Test". Anche nei test che misurano il miglioramento della conoscenza di base e le abilità linguistiche e computazionali, si sono avuti miglioramenti, ma non così rilevanti. Ora, i test dove si è manifestato l'incremento del QI sono quelli che somministrano domande astratte e dove le risposte corrette dipendono dalla padronanza del contesto culturale occidentale. Vale a dire che sono test che implicano un'abitudine all'uso del pensiero astratto e ipotetico.
L'aumento medio delle prestazioni si può spiegare, secondo lo stesso Flynn, con un incremento nell'uso di concetti astratti da parti dei bambini, nonché con il fatto che essendosi ridotte le dimensioni delle famiglie, i bambini interagiscono precocemente con gli adulti che hanno già maturato e usano il pensiero astratto. Peraltro, prima del XX secolo solo filosofi e scienziati acquisivano abilità nel ragionamento astratto e ipotetico. Alla maggioranza dei nostri antenati che vivevano prima del Novecento non serviva un tale pensiero categorizzante. Bastava loro saper leggere, scrivere e far di conto, mentre nel corso del XX secolo, con la diffusione dell'istruzione formale nelle scuole, si è affermato un tipo di intelligenza modellata sui procedimenti scientifici. Gli esperti ritengono che il miglioramento del QI abbia raggiunto i limiti massimi nel mondo sviluppato, anche se rimangono dei margini per riequilibrare diseguaglianze dovute a differenti condizioni socio-economiche. In tal senso, l'incremento è previsto che si manifesterà anche nei paesi in via di sviluppo, nella misura in cui anche lì si diffonderà un'efficace istruzione scientifica.
Uno dei capitoli aggiunti alla nuova edizione è dedicato alla famosa "Teoria delle intelligenze multiple" (sette) di Howard Gardner. Flynn è spietato nel rilevare la confusione e la superficialità della teoria di Gardner, ed è a tratti esilarante nel metterla in ridicolo. Flynn fa di Gardner il tipico intellettuale politicamente corretto, che cerca di rimuovere i problemi nascondendoli dietro a un trucco linguistico. Per evitare, cioè, che la parola intelligenza venga usata per creare delle graduatorie di capacità cognitive, Gardner nega che l'intelligenza esista, e con un'operazione retorica ne estende il significato per includere anche quelle predisposizioni particolari che sono i "talenti". Per Flynn, che premette di condividere gli «ideali morali egualitari e umanitari» di Gardner, questa operazione non è del tutto onesta. E produce danni. La teoria di Gardner ha avuto successo solo tra i pedagogisti e gli psicologi dell'educazione («nessun psicologo dello sport – dice Flynn – pensa che esista un'intelligenza corporeo-cinestesica») che fanno prevalere «il cuore sulla testa», e cercano di costruire un mondo dove nessuno viene classificato come migliore di qualcun altro. Che vogliono elogiare ogni bambino dicendogli che è bravo in qualcosa. Ma questo mondo, sostiene Flynn, è fittizio, perché in realtà qualunque bambino o genitore tacitamente assume che l'intelligenza cognitiva ha un significato sociale superiore di qualunque altro talento. Per cui Flynn ritiene che riservare il termine intelligenza per l'intelligenza cognitiva sia assai più efficiente in generale. Per fortuna, conclude Flynn, Gardner ha lasciato perdere con l'intelligenza religiosa (ma lo psicologo neozelandese pensa che i grandi mistici abbiano qualcosa da insegnarci sulla "perfezione umana") e l'intelligenza esistenziale (la tendenza a domandarsi il senso della vita, della morte, dell'amore, eccetera). Il suo consiglio ai costruttivisti e postmodernisti, è di non prendersi troppo sul serio, e ricordare che, a chi gli chiese di cosa fosse più dispiaciuto circa la sua vita, Woody Allen rispose: «Del tempo perso con Il mago di John Fowles».
James R. Flynn, «What is Intelligence? Beyond the Flynn effect», Cambridge University Press, 2009, seconda edizione ampliata, pagg. 260, s.i.p.
